Il Dottor Robert Berenzin, psichiatra e docente presso l’Harvard Medical School, presenta gli effetti della psicoterpia sul cervello.
La Psicoterapia disattiva le mappature del cervello maladattive e promuove percorsi nuovi e costruttivi.
“Mentre ci adattiamo al nostro ambiente, il cervello mappa la nostra esperienza emotiva attraverso la memoria corticale. Questo inizia molto presto nella vita “.
Il processo di cambiamento è chiamato lutto. In psicoterapia il paziente piange i dolori della sua vita nel contesto della fiducia emotiva, con il terapeuta.
Il paziente piange l’abuso e la privazione della sua vita, e affronta il dolore di nuovo, al fine di disattivare le mappature “lotta-fuga” del cervello.
Le cinque fasi del dolore di Elisabeth Kubler-Ross descrivono con precisione i processi coinvolti nel rinunciare alla vecchia ‘opera’ per accettarne e abitarne una nuova.
Un soggetto deve passare attraverso le seguenti fasi:
- diniego, ossia essere disposti ad aprire e sentire di nuovo il dolore;
- sfidare la contrattazione ed essere disposti a provare;
- sentire la rabbia annessa alla vera fonte dell’abuso;
- sentire la tristezza di perdere vecchie fonti problematiche di sicurezza, o sentire la privazione del dolore stesso;
- infine accettare di non abitare più nella vecchia identità familiare.
Il trauma deve essere pianto per passare a qualcosa di nuovo e migliore. Il vecchio gioco che genera sintomi e sofferenza è stato scritto da un trauma.
Nel contesto del porto sicuro del terapeuta, si digeriscono lentamente, si disattivano e disinnescano le mappature del vecchio gioco.
La psicoterapia è così in grado di disattivare le mappature problematiche e attivare quelle più sane, grazie al processo di apprendimento, che avviene durante questo tipo di percorso.
L’acquisizione di nuovi modi di pensare o agire portano ad alterare la forza di alcune connessioni sinaptiche tra le cellule e questo a sua volta modifica la morfologia, cioè la struttura neuronale.